Sarà Vincenzo “Bum Bum” Moretti il secondo ospite della “settimana con la storia” di Avellino YSport. Il terzino sinistro titolare della Top 11 dei più amati di sempre votato dai tifosi. Un plebiscito per un calciatore che in maglia biancoverde ha realizzato più di 20 gol, regalando gioie con il suo mancino alla “Roberto Carlos”. Sarà possibile vedere la diretta a partire dalle ore 19.00 qui sul nostro sito, sulla nostra pagina Facebook Avellino YSport e sul nostro canale YouTube Y Tv.
YTalk Sport con Vincenzo Moretti
Conducono il direttore di YSport.eu, Aldo Pio Feoli, con il redattore di Avellino YSport Pietro De Conciliis. Insieme a loro anche il giornalista Francesco Guarino di SportChannel 214. Vincenzo Moretti risponderà in diretta alle domande dei tifosi biancoverdi provenienti dai nostri canali social media. Una trasmissione per ricordare i bei momenti trascorsi con la maglia dell’Avellino.
“Mi hanno paragonato a Roberto Carlos, ma lui era alto un metro e una banana (ride, ndr). Il mio tiro somigliava al suo, per il modo di calciare, per la forza. Entrambi calciavamo da distanze impossibili. Da qui il soprannome Bum Bum. Rivedendo alcune immagini, mi chiedo come fosse possibile segnare gol da così tanto lontano. Ero pure incosciente, e l’incoscienza mi ha portato a raggiungere traguardi importanti, tanto da restare nei ricordi dei tifosi dell’Avellino. All’epoca quando giocavo io, sapevo che al Partenio spesso il tempo non era clemente. Il pallone dell’epoca, con la pioggia, diventava molto pesante. Forse Pirlo se avesse provato a calciare la sua maledetta quando ero giovane io, sarebbe finito in ospedale. Perché era quasi un pallone medicinale, bisognava calciare con molta forza. Ora basta colpirli semplicemente bene e vanno in porta da soli. I terzini di oggi badano spesso solo a difendere e hanno dei ferri da stiro al posto dei piedi. Quando vedo un terzino che riesce ad abbinare qualità offensiva a capacità difensiva mi entusiasmo. Oggi, a parte Kolarov, non vedo altri terzini del genere.
Nel 1994 ebbi un arresto cardiaco in campo. Questa cosa non l’ho voluta mai dire. All’epoca giocavo in Serie D con la Casertana e fui acquistato dalla Lazio di Cragnotti. Dopo l’incidente i miei sogni calcistici sono andati a scemare. Ebbi dei seri problemi a rientrare in campo e persi il treno. Fortunatamente con volontà e incoscienza sono salito su un treno meno veloce, ma che mi ha reso comunque orgoglioso, perché mi sono fatto conoscere ad Avellino e in tutta Italia. Ho avuto il piacere di indossare le maglie del Genoa, della Cremonese, del Martina, e mi sono sempre fatto volere bene. Perché non ho giocato in Serie A? Bisognerebbe chiederlo agli addetti ai lavori, sarei dovuto essere più lecchino verso alcune persone.
Con me, all’Avellino, non avevo compagni che si tiravano indietro. C’erano Biancolino, Criaco, Puleo e quando c’era una rissa in campo si vedevano sempre i soliti sei o sette pronti a intervenire. Criaco non era cattivo, ma era un calciatore che se non prendeva il pallone doveva sentire il rumore delle ossa. Lo chiamavo Hannibal, perché se ti prendeva ti alzava due o tre metri da terra. Nel 2005, la nostra era una squadra di Serie C, imbattibile. Aveva giocatori cattivi agonisticamente, tecnici e anche ignoranti come me. E quando c’è un mix del genere, questo ti porta a vincere un campionato anche se c’è un avversario come il Napoli. Un cocktail fantastico.
La punizione contro il Taranto? Anche tra trent’anni, quando vedo i gol che ho segnato con l’Avellino avrò sempre un’emozione addosso. Al di là del gol o dell’avversario. Quella volta c’era Riccio sudatissimo, lo era già prima della partita. All’87’ era come una spugna. Mi viene vicino e mi dice “solo tu ci puoi salvare”. La posizione era complicata, sotto la panchina, ma ci provai e segnai. E’ stato un gol che ha permesso all’Avellino di andare in finale con il Foggia, ma è stato un premio per tutto quello che avevamo fatto durante l’anno. Un gol fortunoso che ha premiato un anno di sacrifici, di tutta la squadra. Fu un anno con qualche problema, con delle incomprensioni con la società. Non fu semplice far andare tutto bene.
Zeman? Per me è l’allenatore più simpatico che abbia avuto. Avevo un ottimo dialogo con lui e devo dire che di rapporti buoni con gli allenatori ne ho avuti pochi. Personalmente non mi incuteva timore, io scherzavo pure dieci secondi prima di entrare in campo, abbassavo i pantaloncini ai compagni nel sottopassaggio. Quell’anno pagammo la diatriba con la Juventus, quando facevo le interviste sembrava che dovessi fare un interrogatorio. Le domande venivano filtrate, ma sapeva tenere benissimo lo spogliatoio. A Salerno non ci fece uscire in campo, uscì da solo, si fece un giro di campo sotto i tifosi della Salernitana e tornò nello spogliatoio. Aveva un cappotto pieno di sputi. Ci disse “li ho fatti sfogare, andate a fare riscaldamento.
Vavassori? Sono i fatti a parlare per lui. Colomba forse è troppo una brava persona, ma è un buon allenatore. Tutti i tecnici che ho avuto mi hanno lasciato qualcosa, ma sul piano emozionale Zeman è il migliore. Sarri? Io mi presentai in ritiro in ritardo, perché beneficiai di qualche giorno di premio post-promozione. Poi ci fu un problema con le scarpette, lui non voleva quelle colorate. Io le avevo bianche, mi disse che dovevo pittarle di nero per potermi allenare con lui. Io entrai nello spogliatoio, mi spogliai e me ne tornai in albergo. Non si mangiò neppure il gelato a ferragosto, altro che panettone.
Se mi dicono qual è il ricordo più bello con la maglia dell’Avellino? Il gol e la partita contro il Napoli. Meglio di Belen. Prima della partita girarono voci bruttissime, che io e Biancolino ci eravamo venduti al Napoli perché avremmo giocato lì l’anno dopo. E poi chi segnò? Io e Biancolino”.
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Alessandro Di Paolantonio ospite di YTalk Sport