Avellino in Serie C: una delle promozioni più emozionanti della storia del Lupo

Vincere soffrendo. Cadere e rialzarsi raschiando il fondo del barile per raggiungere un obiettivo che sembrava perso. Leccarsi le ferite e ricominciare a correre, correre veloce. Correre senza mai fermarsi è ciò che ha fatto l’Avellino di mister Bucaro da circa due mesi a questa parte, recuperando addirittura 10 punti alla capolista Lanusei e regalando al popolo irpino una delle promozioni più emozionanti della storia del Lupo.

Ma come? Direte voi. A Rieti è maturato “solo” un salto di categoria dalla D alla C. Un ritorno nel calcio professionistico dato quasi per scontato ad inizio anno, quando continuavamo a rimuginare su quanto successo nella maledetta estate del 2018. Stavolta, però, è stato il tempo a tenderci una mano. Perchè il tempo trasforma le cose, le persone, ma soprattutto gli stati d’animo. Nel calcio, probabilmente, più che in ogni altro ambito.

La partenza a mille all’ora, il crollo delle certezze e l’esonero di Graziani. Dalla possibilità di condurre un campionato tranquillo (stile Bari per intenderci) all’essere consapevoli di non essere la squadra più forte del Girone G, complici il fisiologico ritardo nella costruzione dell’organico e le scelte errate del tecnico di Carrara e del ds Musa. Un girone d’andata quasi gettato al vento, con un esonero che sarebbe potuto arrivare con qualche settimana d’anticipo. Ma il tempo ti aiuta, ti aiuta a fare esperienza e a correggere gli errori commessi al principio.

Il cambio di guida tecnica, l’inizio difficile di Bucaro, le mosse di mercato e la straordinaria scalata verso una vetta che appariva ormai come un’oasi nel deserto. Lo scetticismo nei confronti dell’allenatore siciliano e la figuraccia di Sassari contro la Torres a confermare i dubbi iniziali. C’è ancora tempo per rimediare, ma soprattutto c’è ancora gennaio, mese che regalerà finalmente ai Lupi un portiere affidabile ed Under (Viscovo).

La compagine biancoverde, nonostante tutto, non riesce a trovare una quadratura definitiva e fuori casa fatica a mettere in cascina vittorie importanti. Il tempo cambia anche l’avversario: nel mirino dei Lupi non c’è più quel Trastevere corsaro al Partenio-Lombardi all’andata, bensì la sorpresa Lanusei, squadra appartenente a una comunità sarda di appena 5.000 anime.

La svolta post Cassino. Il 2-1 incassato all’ombra dell’Abbazia scatena l’ira della Curva Sud e dell’intero popolo avellinese. Qualcuno, evidentemente, non aveva ancora capito il peso di quella straordinaria maglia a tinte biancoverdi. La rabbia dello zoccolo duro del tifo irpino non si limita ai classici cori di contestazione al termine dei 90 minuti. I maggiori esponenti della Sud decidono di incontrare la squadra al ritorno ad Avellino, in un faccia a faccia destinato a cambiare le sorti di una stagione fino a quel momento fallimentare.

Gli occhi di Morero e compagni cambiano. Gli occhi, l’atteggiamento, l’approccio. Chiamatelo come volete. L’Avellino, finalmente, entra in campo già con la vittoria in tasca, sin dal tunnel degli spogliatoi. I risultati arrivano e la tifoseria risponde, come sempre, presente. Superato lo scoglio Trastevere, l’Avellino rosicchia punti a un Lanusei in difficoltà e orfano di bomber Bernardotto. A Latina, all’ultima giornata, Avellino e Lanusei sono appaiate in vetta a quota 80 punti. Gli irpini vincono 0-2 al “Francioni” e sono a poco più di 30 secondi dalla promozione diretta in Serie C, ma i sardi colpiscono ancora nel recupero, sempre oltre il 90′. Si va allo spareggio in campo neutro.

A Rieti, l’Avellino di Bucaro arriva con 10 vittorie di fila alle spalle, consapevole della sua forza ma conscio di dover affrontare un avversario mai domo, anche (e soprattutto) oltre i canonici 90 minuti. Il tempo, però, ha cambiato anche la mentalità della rosa biancoverde. In campo non ce n’è per nessuno. Sugli spalti, beh, inutile starne a discutere. Difficile mettere a confronto circa 5.000 Lupi con 300 supporters del Lanusei (a cui va ugualmente il nostro applauso per aver affrontato una lunga e faticosa trasferta).

Risultato, dunque, scontato in campo e sugli spalti. Lo stadio “Centro d’Italia-Manlio Scopigno” ribolle di gioia ed entusiasmo. Quella maledetta estate del 2018 sembra ormai un lontano ricordo. Un ricordo che faremo fatica a cancellare dalla nostra memoria, ma che per un momento abbiamo sicuramente messo da parte. Proprietà, squadra, tifosi e stampa, uniti sotto un’unica bandiera come ai tempi della Serie A.

Ciò che si è percepito è stato un entusiasmo “strano”. Strano, nel senso positivo del termine, naturalmente. Nel cuore dei tifosi avellinesi si è riacceso qualcosa. La flebile speranza post Cassino è stata alimentata a suon di vittorie e di “cazzimma”, in campo e fuori. Una cavalcata così non si dimentica. Una cavalcata così ti trascina, ti colpisce nel profondo dell’anima. È per questo che mi piace definirla una delle promozioni più emozionanti di sempre.

Hanno provato ad uccidere una passione, ma non riusciranno mai ad uccidere la nostra Fede, il nostro Amore.

C siamo, Avellino!

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