Salvatore Di Somma sull’esperienza ad Avellino: “Mercato, gestione e contratti”

AVELLINO CALCIO – Ospite della trasmissione “Avellino è uno stile di vita”, in onda sull’emittente PiùEnne, Salvatore Di Somma è tornato a parlare dell’US Avellino e della sua esperienza da Direttore Sportivo in biancoverde, terminata lo scorso febbraio. Qui di seguito tutte le dichiarazioni rilasciate dal dirigente di Castellammare di Stabia.

Le dichiarazioni di Salvatore Di Somma (10 ottobre 2022)

Queste le prime parole del DS Salvatore Di Somma dopo l’addio all’US Avellino: “Prima di partire dagli errori, vorrei dire che la prima volta che sono venuto ad Avellino per fare il DS sono stato chiamato dall’Avvocato Mauriello, sono stato accompagnato a Napoli negli uffici di De Cesare e mi viene presentato lo stesso De Cesare, perché non ci conoscevamo. Mi dice subito: guardi Direttore, tutti i profili che abbiamo interpellato sono scappati perché siamo in una situazione disastrosa, abbiamo soltanto 900.000€ di budget per fare una squadra. Io ho accettato subito, ho subito detto che la squadra l’avrei fatta lo stesso, tranquillamente. Poi, De Cesare, mi disse che avrebbe risolto tutti i suoi problemi a dicembre, per poi fare una grande squadra a gennaio e puntare a risultati importanti l’anno successivo. Mi chiese che tipo di contratto volessi, ma io gli dissi che non volevo nulla. Poi c’era il minimo federale, da sottoscrivere necessariamente, e firmai un contratto da 1.200€ al mese.

Nel giro di 20 giorni, – ha aggiunto Di Somma – credo di aver allestito una buona squadra, andando in trasferta con la mia macchina a spese mie, pernottando a spese mie, mentre la squadra viaggiava chiaramente in pullman. Poi ad Avellino dormivo in albergo e non pagavo grazie ad un amico mio, ma questo è un altro discorso. Poi ci fu un infortunio tra novembre e dicembre, riuscimmo comunque a raggiungere i playoff con Capuano, ma non avevamo la squadra per poter competere con le altre. In estate sono stato riconfermato e, insieme a Braglia, ho allestito una squadra che potesse arrivare nei primi cinque posti, facendo delle cose importanti. Poi, arriviamo a novembre-dicembre, con l’infortunio di Forte, costretto a star fermo 4-5 settimane. Io contattai Marcone, all’epoca, ma Braglia parlò di Leoni con un giocatore e questo calciatore gliene parlò benissimo. Alla fine decidemmo di prendere il giovane Leoni anche per non creare problemi nello spogliatoio, per quando sarebbe tornato Forte dall’infortunio. Fu un gravissimo errore, di cui mi assumo tutte le responsabilità, perché alla fine è il DS che prende le decisioni finali.

La fine della stagione 2020/21? Abbiamo perso la semifinale con il Padova e ci siamo ritrovati in estate a ripartire con lo stesso Braglia, che voleva fare nuovamente il 3-5-2. Iniziai a lavorare su questo sistema di gioco, ma andammo in ritiro e Piero pensò di cambiare modulo, perché voleva fare il 4-2-3-1. Gli chiesi di non mandarmi al manicomio con un cambio modulo in corsa, ma iniziai a prendere anche giocatori in grado di interpretare quel sistema di gioco.

Rivoluzione nel mercato estivo? È rimasta quasi la stessa squadra della stagione precedente, perché noi non abbiamo mandato via nessuno. È andato via Santaniello, Bernardotto in prestito e Fella che non era nostro, perché era in prestito. Abbiamo resistito ad offerte importanti per Aloi, per il quale l’Entella ci offriva 150mila euro più 100mila in caso di promozione in B, e per Carriero, per cui il Modena ci avrebbe dato fino a 300.000 euro. Poi c’era Dossena, per il quale ci volevano dare una barca di soldi, ma il calciatore era ancora vincolato dall’accordo con l’Atalanta, che aveva il diritto di recompra sul ragazzo. Poi, probabilmente abbiamo sbagliato alcuni innesti, ma un giocatore come Plescia aveva fatto benissimo a Vibo l’anno precedente e ad Avellino ha avuto diversi problemi fisici. Mignanelli, Silvestri e Mastalli, invece, stanno facendo benissimo anche adesso a Castellammare, Siena e Lucca, ma noi non gli abbiamo dato fiducia qui ad Avellino.

Mi ero ripromesso dal primo giorno di non parlare più dell’Avellino, ma quando arrivano a calpestarmi i piedi, mi faccio male e mi devo difendere. Ad Avellino, del resto, ho un’immagine da difendere e voglio sempre tornarci a testa alta, anche per fare una passeggiata in tranquillità. Io non ho dissanguato la famiglia D’Agostino, perché nei due anni sono numeri che si vedono anche in squadre di medio-alta classifica: il primo anno D’Agostino, al massimo 1,2-1,3 milioni di euro netti di monte ingaggi, escludendo lo staff tecnico; la seconda stagione, invece, siamo intorno ad 1,8 milioni di euro netti di monte ingaggi, più Plescia (90mila) e Murano (circa 150mila). Io non voglio fare paragoni con il presente, ma posso dire che non mi è piaciuto un passaggio dell’ultima conferenza di D’Agostino, quando il patron ha detto: se ho sbagliato con Di Somma, non voglio fare lo stesso errore con De Vito. L’ho trovato un passaggio infelice nei miei confronti.

L’acquisto di Scognamiglio? È stata una scelta condivisa con Braglia, che lo conosceva bene, e il giocatore prende tra i 120 e i 130mila euro. L’agente ha persino rinunciato alla procura di 40.000 euro. Aloi prendeva 85mila, Carriero 80mila, Silvestri 60mila, Ciancio 50mila, questi sono i contratti faraonici di Salvatore Di Somma. Io non faccio babà come tanti dicono o pensano.

L’affare Parisi? Indipendentemente dal costo e dalle cifre, e dalle modalità, io vorrei chiarire questa cosa: sono stato accusato di sostenere che Parisi non fosse un bravo calciatore, ma in quel periodo avevamo bisogno di soldi e lo proponevo a tanti direttori sportivi importanti, tra cui Capozucca al Genoa, proprio perché il ragazzo valeva e noi eravamo in una situazione difficile. Lo abbiamo venduto ad una cifra vicina ai 700mila euro più il 10% sull’eventuale futura rivendita.

Il mancato esonero di Braglia? Ci abbiamo pensato chiaramente, soprattutto dopo la famosa sconfitta col Monterosi, ma con Piero c’è un rapporto speciale, ci conosciamo da tanto, e decidemmo di andare avanti, avendo vinto già due campionati insieme. Rimpianti? Avrei dovuto fare qualcosa di diverso, come mandare via uno-due calciatori sin dal primo giorno di ritiro, perché sono stati devastanti all’interno dello spogliatoio. I problemi sono nati già a Vibo Valentia, quando perdemmo 2-0 a fine campionato, perché un giocatore venne con il procuratore a chiedermi l’adeguamento in un momento così delicato del campionato, facendomi imbestialire. E dal primo giorno del ritiro successivo, iniziarono i problemi, perché quando non c’è più armonia tra i calciatori, non si va da nessuna parte.”

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