Continua la nostra #roadtofinal8. Dopo Peter Lisicky e Nikola Radulovic, abbiamo intervistato l’ex centro della Scandone Avellino, Catalin Burlacu. Ci ha parlato del suo trascorso con la Scandone Avellino, i suoi ricordi sulla strepitosa stagione del 2008: la vittoria delle Final Eight di Coppa Italia a Casalecchio di Reno, la gioia e l’emozione nelle sue parole quando ricorda il popolo irpino.
Di seguito l’intervista integrale realizzata da Margherita D’Avanzo, Gianmarco Abate e Federica Cerullo:
Chi è Catalin Burlacu ora?
“Per cominciare, un caloroso saluto alla gente di Avellino. Catalin Burlacu oggi è padre di due figlie ed un maschietto (rispettivamente di 5-3-1 anni), allenatore in seconda divisione della Romania, nonchè giocatore, responsabile della sezione di basket della città, mi occupo degli affari di famiglia, studio politica pubblica in amministrazione e fondazioni europee, ed ho intenzione di aprire una scuola di pallacanestro per condividere la mia esperienza di giocatore acquisita durante il tempo, divertendomi con i miei bambini e di tanto in tanto, farlo diventare un hobby”.
Stai ancora seguendo la squadra di basket di Avellino?
“Certo che la seguo. Ho visto durante gli anni molti giocatori dell’Europa dell’est far parte della Scandone e questo mi fa felice, vedo molti americani di qualità e chiaramente anche i giocatori italiani forti fanno la differenza. Guardo con attenzione anche gli allenatori che sono venuti ad Avellino, che hanno provato a spingere anno dopo anno Avellino per essere questa meravigliosa Scandone”.
10 Febbraio 2008: ricordi questa data?
“Quella Scandone rimarrà sempre nel cuore di tutte le persone che hanno assistito alla sua storia. E’ stato tutto meraviglioso, perché è successa una grande cosa, inaspettata per tutti. Va dato merito a Matteo Boniciolli, un grande allenatore che ha selezionato un gruppo di ragazzi provenienti da 7-8 paesi, con culture differenti, ma tutti parlavano la stessa lingua ed infatti, hanno segnato la storia di Avellino”.
Qual è la la cosa più importante da fare per una squadra che sta andando a giocare le Final Eight? Hai qualche consiglio?
“Posso dire che è dura. Il coach deve assicurarsi di far capire a ognuno il proprio ruolo nella squadra e allo stesso tempo i giocatori devono accettarlo, a prescindere dal fatto che sia accettabile o meno, queste sono le buone ragioni per avere successo e non deve mai mancare la disciplina”.
Hai altri ricordi legati alla tua esperienza avellinese?
“Ne ho molti, molti molti molti. Di ogni genere, li custodisco gelosamente, saranno sempre con me”.
Pensi che Avellino possa ripetere questa esperienza di successo anche quest’anno?
“Ci credo, e ne sono convinto di questo. La squadra ha bisogno di crederci e soprattutto di lottare. I fans di Avellino lo meritano”.
Hai qualche ricordo legato ad un tuo ex compagno di squadra?
“Marques Green. Di lui posso dire che è un leader, segue sempre la strategia del coach e non smette mai di crederci, riesce ad eseguire le cose con calma passo dopo passo, apprezzo molto queste cose di Marques”.
Avevi un buon rapporto con i tifosi? Qual era il tuo segreto?
“Nessun segreto, era una cosa che mi veniva naturale, dal momento in cui li ho visti per la prima volta. Ricordo quando loro vivevano questi momenti di spettacolo, come le loro mani ci afferravano per il collo dopo un filotto di 4-5 partite vinte. Credo che amerò sempre Avellino, la cosa più bella era quella di vincere le partite, veder gioire un popolo ed il privilegio di poter festeggiare tutti insieme”.
Vorresti dire qualcosa di speciale ai tifosi avellinesi?
“Si, forza Lupi, non mollate mai!”