Ci provo, ci provo, ma non ci riesco. È questa la sensazione che dà l’Avellino di Massimo Rastelli nelle ultime tre settimane. Anzi, nelle ultime due, perché a Cerignola non si salvò nemmeno l’atteggiamento di Casarini e compagni. Il k.o interno con la Virtus Francavilla, il terzo consecutivo, l’undicesimo stagionale e il numero tre fra le mura amiche, è solo la goccia che fa traboccare un vaso già rotto da tempo.
È un Avellino entrato in un tunnel pericoloso, dal quale bisogna uscire già a partire dalla proibitiva trasferta di Catanzaro. Cocci di un vaso, si diceva, che il tecnico di Pompei ha provato a ricomporre nella fase iniziale della sua seconda esperienza da allenatore in Irpinia, prima di rivedere i fantasmi e gli errori grossolani della gestione Taurino e delle recenti indecorose prestazioni. Una crisi totale, mentale e tecnica. Un Avellino che ha conquistato nove miseri punti nelle prime nove uscite del 2023, evidenziando nuovamente una fragilità clamorosa sotto il profilo psicologico, una mancanza di personalità preoccupante e carenza tecnica nei ruoli chiave.
Dalla discontinuità prestazionale al centro della retroguardia all’inadeguatezza dei “padroni” della corsia destra, fino ad arrivare all’assenza di un ideale sostituto di Fabio Tito, che non può certo fare quaranta partite all’anno. Il centrocampo (potenzialmente) più completo e attrezzato del girone C si è trasformato in una lampadina che si accende ad intermittenza e (quasi) una volta al mese. Giocatori con qualità importanti per la categoria, espresse sul campo in meno di un terzo delle gare finora disputate. Una mediana che, magari, non si risparmia nel corso dei 90 minuti, ma viene costantemente “mangiata” da giovani rampanti che corrono e affrontano i diretti avversari in maniera sfacciata.
In attacco, buio. Michele Marconi si è fermato alla doppietta all’esordio con il Potenza, non viene spesso supportato a sufficienza dai compagni di reparto, ma soprattutto ha subito smesso di piazzare la zampata sulle decine di cross che continuano ad arrivare nell’area di rigore avversaria. Marcello Trotta è a tratti irriconoscibile, rispetto al giovane talento apprezzato 6-7 anni fa. Ma viene da stagioni fallimentari e qualcuno poteva accorgersene prima, quando in estate si è ripiegato su un calciatore senza preparazione atletica dopo aver mancato l’obiettivo principale. Kanouté bravo ma fumoso, Di Gaudio neanche a parlarne e Gambale troppo acerbo per una piazza di tale portata, senza dimenticare un Tounkara con limiti tecnici imbarazzanti. Raffaele Russo, partito in fondo nelle gerarchie, si è rivelato l’acquisto più azzeccato e l’unico giocatore ad aver reso al di sopra delle aspettative.
Capitolo Massimo Rastelli. Il passaggio al 3-5-2, pur essendo stato schierato soltanto nella prima frazione di gioco, ha rappresentato un fallimento tecnico. Un cambio modulo che ha messo in luce i limiti strutturali dell’organico e la confusione vissuta, in primis, dallo stesso trainer biancoverde. L’isterìa del momento spingeva verso il “famoso” 3-5-2 e i numeri sono rimasti tali, così freddi da congelare anche le poche idee in mezzo al campo. Poi, un 4-2-3-1 durato fino all’espulsione di Kanouté e un pizzico di fortuna che non ti aiuta neanche quando sembrerebbe girare a tuo favore. Testa da “ripulire” e qualità da scoprire e ritrovare.
Si sta pagando l’ennesima rivoluzione sul mercato? Probabile, ma non è certo quella la radice della crisi dell’Avellino, visto il cambio di guida tecnica e idee che non potevano combaciare con l’allenatore precedente. Tutto risiede nelle scelte e quelle “giuste”, ad oggi, si contano sulle dita di una mano.
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